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News | Vaccinazioni Covid-19 e rifiuto del dipendente

La legge è chiara, come da art. 32 della costituzione “nessuno può essere sottoposto a trattamento sanitario se non per norma di legge” e, ad oggi, tale norma giuridica non esiste.
Cosa deve quindi fare il datore di lavoro quando un proprio dipendente rifiuta di vaccinarsi? Purtroppo ad oggi non è stata definita una linea guida ufficiale o un testo che ci conduca ad una soluzione precisa. Ma possiamo fare alcune valutazioni.
La direttiva 739 del 2020 da parte dell’UE ha inserito il Covid-19 all’interno del Gruppo 3 degli agenti biologici. Nel momento in cui alla luce del DVR, il Covid-19 costituisce un rischio specifico della mansione svolta, il datore di lavoro deve adottare le misure protettive e preventive adattandole alle specifiche attività lavorative.
In particolare, ai sensi dell’art. 279 del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro, il datore di lavoro, su conforme parere del Medico Competente, deve mettere a disposizione vaccini efficaci per quei lavoratori che NON siano già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione.
L’art. 42, inoltre, prevede che il datore di lavoro, nell’adottare le misure indicate dal Medico Competente, ove vi sia una valutazione di inidoneità, adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti, o in difetto a mansioni inferiori
Nell’ipotesi in cui il Piano di Sorveglianza sanitaria dovesse quindi introdurre il vaccino come strumento di massima tutela (come analisi dell’attuale momento storico) si potrebbe pensare che il lavoratore che si rifiuti di sottoporvisi possa essere inviato al Medico Competente per una valutazione della sua idoneità allo svolgimento della mansione specifica.
Escludendo il licenziamento (in quanto, oltre ad essere un rischio di contestazione , il recesso per inidoneità è anche vietato fino al 31 marzo), nel caso sia impossibile l’assegnazione di mansioni alternative, il datore di lavoro potrà sospendere il dipendente per tutto il tempo in cui perdura l’inidoneità e, in assenza di rapporto sinallagmatico, potrà essere valutata anche la sospensione della retribuzione (l’ipotesi è che l’inidoneità alla mansione deriverebbe da un rifiuto del lavoratore stesso nell’adottare una misura di tutela e quindi l’onere economico derivante da tale scelta non dovrebbe ricadere sul datore di lavoro).
Si ritorna, in ogni caso, a precisare che ad oggi non esistono delle linee guida e/o soluzioni ufficiali, per cui le ipotesi valutate non escludono che il lavoratore possa comunque agire in giudizio per ottenere il pagamento della retribuzione.
Si ricorda che il datore, anche in assenza di obbligo vaccinale contro Covid-19, deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per impedire l’evento dannoso e di aver dunque adottato un comportamento comprensivo di tutte le misure e di tutti gli interventi concretamente necessari ed attuabili per prevenire gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il consiglio è quindi quello di documentare, il più possibile, l’iter di valutazione e le azioni intraprese creando un vero e proprio dossier dedicato (es. registro dipendenti che hanno manifestato il consenso o il dissenso, verbali di riunioni, mail, documenti specifici, etc.) rispettando la legislazione sulla privacy.
Per qualsiasi domanda o chiarimento in merito siamo a disposizione
Alessandra Perini - perini@xlteam.it
Alessandro Giacomini - giacomini@xlteam.it